mercoledì 11 novembre 2009

finalmente...



...dopo tanto tempo, ecco svelato il motivo della mia lontananza. Arturo, bellissimo, infinitamente.

(e poi, diciamocela tutta, ero davvero stufa di aprire il blog e vedere la mia faccia con Adrià!! :-) )

Aggiornamento: grazie davvero per tutti questi auguri! Sono stati nove mesi con parecchi pensieri, iniziati con tantissime nausee (e da qui la scelta forzata di non mettere più ricette...), e proseguiti nell'incognita di una gravidanza complessa, che ci ha resi però forti laddove la forza credevamo di non averla, e sempre speranzosi, di quella speranza funambolesca appesa ad un filo che si accorciava man mano passavano i giorni e si avvicinava il termine e la paura aumentava. Ma adesso credo di poter dire con serenità che stiamo bene! Arturo è cresciuto già un kilo in un mese!!! ...è quasi un vitellino! :-)
...io dormo pochissimo, ma è il decorso naturale (no?) e, sinceramente, è davvero poco importante davanti a questa tartarughina con gli occhi vispissimi! A presto!!

venerdì 6 febbraio 2009

guidato dal tuo profumo...

Guidato dal tuo profumo verso climi che incantano,vedo un porto pieno d'alberi e di vele ancora affaticati dall'onda marina, mentre il profumo dei verdi tamarindi che circola nell'aria e mi gonfia le narici, si mescola nella mia anima al canto dei marinai. (C. Baudelaire)


Quanto sono vanitosa? (grazie a Roberto Granatiero, che mi ha scattato questa foto con Ferran Adrià)



Le ha scritte Baudelaire quelle righe lassù, e sono state attuali più che mai a Identità Golose. Verdure e profumi i due fili conduttori, con un tocco di giallo zafferano, abruzzese o sardo. Che colori, che movimento, che energia. Forse il mio preferito (di quelli visti) è stato Alajmo, forse che è stato il primo, e che le aperture, come gli inizi delle storie d'amore, danno sempre più sobbalzo dentro e passione. Forse che è davvero uno dei più grandi, raffinato esteta e grande lavoratore. Ve le vorrei raccontare due parole e una ricetta di Alajmo. Per lui rendere pratica la teoria del profumo significa trattenerlo, nebulizzare un grasso, uno zucchero, per spruzzarlo su un piatto fresco, così da intrappolarne il gusto. Porta in sala dei crostoli nebulizzati di cannella, e l'ambiente si profuma. Presenta due ricette emozionali, per colori e procedimenti e tecniche: degli gnocchi rossi, bianchi e verdi, di verdure vestiti, e la shakesperiana capasanta di calamaro, senza capasanta. L'essere e il non essere. La tecnica da cui partono gli gnocchi è quella dell'estrazione del glutine, metodo impiegato in Oriente per fare il seitan, idratato poi con dei brodi. Vi racconto: mescola velocemente la farina, il sale e l'acqua, e li lavora con forza, come, spiega, una scatola di matite che, se sbattuta con violenza, le matite ritrovano un ordine. Poi mette l'impasto in una planetaria con acqua ghiacciata, così l'amido si separa e scende. Ne ottiene un impasto elastico che aggiunge, in piccoli pezzi, a delle rape rosse, cotte e asciugate, a del broccolo verde, cotto e asciugato, e a delle patate. Con questi tre impasti, ricopre il ripieno degli gnocchi, palline principalmente di ricotta di bufala che ha una componente grassa più fondibile. Bellissimi, cosparsi di burro fuso, invitanti, scioglievoli. Presenta poi la capasanta di calamaro su un'insalata di finocchi e una crema di scampi. Qui dovevate vedere che cosa non ha fatto. Ha ricostruito, dai calamari ridotti in crema, una pasta quasi elastica alla quale ha dato la forma della capasanta. E una spruzzata di aneto sopra. La faccio facile qui, ma credo di aver capito perché la cucina è davvero un'arte.



Non sarei mai potuta mancare da Pierre Hermé, forse il più grande pasticcere al mondo. Meno emozionante, timido come uno scolaretto che deve raccontare la sua lezione imparata alla svelta, gli è mancato un po' di quel sentimento che invece trasferisce nelle sue creazioni. Ha presentato due dolci, anzi un Entre (tradotto=tra, a metà tra dessert et gâteau), e un dessert vero e proprio, Emotion extravagante. Ingredienti buffi, assemblati con dolcezza e decisione: vaniglia, pepe, badiana, yuzu, pompelmi freschi e confit, per ritrovarne il succo e la scorza, Entre rappresenta un compromesso del gusto, un dolce da piatto, come in Italia si fa il tiramisu. Sopra una crema inglese mescolata al mascarpone, allo zucchero, al wasabi fresco che ha un sapore più subtil, dice, rispetto a quello in pasta. E sopra ancora scorze di pompelmo e cubetti di guimauve verde al té matcha (specie di marshmallow, si usa molto in Francia). Dice che c'est simplement un dessert, pas quelque chose de sophistiqué, tutto è concentrato sul gusto piuttosto che sulla presentazione. Se lo dice lui, a me parevano anche molto belli... :-) Il dessert invece erano dei bicchierini a vari strati, che ha venduto nei mesi di novembre e dicembre nella sua boutique, gelée di zafferano, purea di patate al limone (a tal proposito ha inventato questo dolce per un libro di un suo amico che uscirà prossimamente su un diverso impiego delle patate, se ho capito correttamente dovrebbe chiamarsi Patates :-)), grano, che è mouillé, résistant et qui contraste avec la texture des pommes de terre. Termina con il rifiuto della teoria di quelli che dicono che non si possono associare più di un certo numero di gusti... si tratta solo di gusto personale. Saluta, scappa... defilato. Peccato... è finita così...






E poi, vogliamo non dire due parole su Oldani? :-) Chi mi legge sa che ho una passione per Oldani. Meglio, condivido idealmente molte sue scelte, anche se magari non tutte. E magari a tratti lo trovo talmente ingenuo nelle sue affermazioni, che posso solo pensare che sia, invece, forse furbo? Si è ormai messo addosso l'abito della semplicità, quasi dell'ovvietà sotto certi aspetti, ma sì, diamo una rinfrescata alla tradizione, peccato che poi solo lui riesca a prendere una prenotazione adesso per ottobre 2009. Maestro di marketing, ha curato linee di piatti, bicchieri, posate, cucchiai con i rebbi di una forchetta e, se qualcuno osa chiedere una forchetta al D'O, si sente rispondere che va bene quel cucchiaio sdentellato. Mi sta simpatico Oldani, ha i toni un po' adineschi. :-) Ha offerto durante la sua presentazione a Identità Golose dei biscotti morbidi allo zafferano, in un packaging molto raffinato, e ha regalato dei profumi, altrettanto chic. Torna il profumo, in forma circolare, come la O del D'O e quella spirale sul suo riso (non risotto, che risotto è pesante come parola, e pure a lui scappa un mezzo sorriso) alla milanese, ma privo di tutto il di più. Privo di soffritto, perché chi vuol fare cucina moderna e innovativa, deve togliere e non aggiungere; il filone (midollo) aggiunto solo sopra alla fine, per richiamare la tradizione, senza sporcarla; e poi lo zafferano non dentro al riso, ma adagiato sopra, denso e dorato, tracciato dai lunghi pistilli a segnare un cammino sempre in crescita. Per finire poi con un dolce morbido, fatto appunto di due biscotti morbidi di pan di spagna allo zafferano, intervallati da una crema al gorgonzola e chutney di mele e pere speziate. Perchè, ci insegna Oldani, il primo deve contenere una nota di dolce, e il dolce una nota di salato.

lunedì 2 febbraio 2009

rapidi crackers multigrains



Sono di ritorno da una giornata e mezza a Identità Golose, ancora negli occhi, ma soprattutto nel cuore, le emozioni rilasciate in quell'antro di Milano un po' defilato che è via Gattamelata. Ve lo racconterò a breve, per ora vi lascio un intermezzo. Vi ricordate che li avevo già fatti? Un po' diversi però. Questi sono altrettanto rapidi e, a mio parere, più simili a dei crackers. L'idea di farli così mi era nata a New York l'estate scorsa. Lì vendevano dei crackers bellissimi, multigrains, grossolani e deliziosi, in scatole azzurro polvere, rosa confetto, giallo canarino, con delle scritte antiche... poi avevo (e ho ancora!) un sacco di "grani" a casa, di ogni genere e, a volte, mi prende male avere troppe cose che acquisto, presa dalla smania di provare a sentire l'effetto che fa, per poi consumarle troppo lentamente. Così, beccatevi un po' di cereali! :-)

230 g di farina bianca
20 g di farina di grano saraceno
50 g di burro
1 presa abbondante di sale
20 cl di latte
50 g di semini vari a vostro piacimento:
sesamo biondo e sesamo nero
semi di lino
semi di zucca
semi di levistico
fiocchi d'avena
fiocchi d'orzo
carvi
semi di finocchietto

Mettete la farina, il burro, il latte e il sale in un'impastatrice. Mescolate un po', poi versateci tutti i semini e aggiungete acqua quanto basta affinché l'impasto sia amalgamato bene. Fate una palla e lasciate riposare qualche minuto. La consistenza sarà elastica. Poi stendete bene, sottile quanto volete, ma considerate che un po' crescono in forno. Tagliateli già con la rotella prima di infornate e poi mettete in forno a 180° per circa 10, 15 minuti, a seconda di quanto spessi li avete fatti.

venerdì 30 gennaio 2009

tornando ad un vecchio amore...



...ossia il cavolo nero. Bello, lungo, filante, nerboruto, ma così fragile, corposo e vellutato, un ricamo, quasi un pizzo, turgido, armonico e cedevole, quasi pigro, ma sveglio e simpatico, principe dell'inverno. Poco calorico, ricco di vitamina C, di ferro, di calcio, di potassio. Ci ho fatto un risotto, che altro? Ero di corsa, qualcuno aveva fame fame, e così non son stata a pensare al perché e al per come. Avevo in casa il mio barattolino di polvere d'arancia (grazie Alex!) e così ho impreziosito il piatto. Il risotto l'ho fatto come appreso negli ultimi mesi, senza grassi, né olio, né burro. Facendo prima cuocere a vapore 2 scalogni e successivamente passandoli al mixer fino ad ottenerne una cremina. Il riso l'ho tostato in una padella antiaderente, sfumato con una goccia di aceto di vino bianco, e pian piano cotto con il brodo dello scalogno al quale avevo aggiunto il cavolo nero tagliato fine e del sale grosso. A metà cottura ho aggiunto la crema di scalogno, a fine cottura ho spolverizzato con la polvere d'arancia, del pepe e mantecato con un po' di parmigiano. Vi assicuro, provate a cuocere questo piatto così. Vedrete che il risotto sa di riso, di riso buono e non solo di condimento. Ah, ecco, il riso, se potete sceglietelo buono. Io l'ho fatto con il riso vialone nano di Grumolo delle Abbadesse, presidio Slow Food. Vi ricordo Identità Golose che parte domenica, grande idea di Paolo Marchi! Buon fine settimana!

martedì 27 gennaio 2009

cucina vicentina parte seconda: i bigoli con l'arna

Arna lessa e bigolo tondo, a la sera i contenta el mondo.



E' mesi, dico mesi, che vorrei mettere questo post. Parecchio tempo fa ci siamo ritrovati tutti noi, cugini e zii, nella taverna dello zio Mario, maestro nel fare i bigoli col torcio di una volta. Ma nonostante tante foto del torchio, dei bigoli, dei maccheroncini, della farina Molino Manni, con la foto stampata sopra di San Bastian, la chiesetta che domina il mio paesello, non avevo una foto dei bigoli pronti e conditi! E così ho atteso tempi migliori. Domenica è arrivato di nuovo il tempo dei bigoli con l'arna, a casa della Giuli. L'occasione era ghiotta per combinare insieme due momenti di vicentinità, e servirvela, come si suol dire, su un piatto d'argento... ma, come tutte le cose che si trascinano, ieri sera non son riuscita più a trovare quelle foto dello zio Mario. Perché nel frattempo ho cambiato pc e quell'altro è rannicchiato sotto una pila di cose da stirare dentro l'armadio, sofferente nel volersi accendere, e i cd con le foto da me salvate non contengono le foto dei bigoli fatti dallo zio Mario...
Comunque, i bigoli con l'arna sono la cosa più vicentina, insieme al baccalà, alla quale io possa pensare. Di una bontà infinità, unti e saporiti con quel retrogusto di salvia. Non c'è un ristorante a Vicenza e dintorni che non serva questo piatto. I bigoli, per chi non lo sapesse, sono una specie di spaghetti grossi non bucati, fatti in casa, con semola e uova lavorati duri e poi trafilati con un torchio di bronzo, come quello dello zio Mario. Ci si siede sopra, e si gira, gira, finché non esce questa pasta meravigliosa.
La ricetta tradizionale prevedeva che i bigoli fossero cotti nel brodo stesso in cui si lessava l'anatra (novella, nata 60-90 giorni prima) e che poi si condissero con un sugo fatto di burro aromatizzato di salvia e le frattaglie della medesima anatra. Adesso forse non si fa più così, almeno, mia mamma non l'ho mai vista cuocere i bigoli nel sugo d'anatra!

per 4 persone

un'anatra piccola
400 g di bigoli fatti in casa
80 g burro
un bel mazzetto di salvia
una costa di sedano
una bella carota
una cipolla bianca
aglio
alloro
prezzemolo

L'anatra potete prenderla già eviscerata e pulita. In caso aveste un contadino che ve ne regala una (che sarebbe molto meglio) procedete a spennare l'anatra, liberarla dalle interiora, pulirne il fegatino e lo stomaco, conservando le altre frattaglie, poi bruciacchiandola sul fuoco, così tutte le eventuali piumette se ne andranno (un po' di odore in casa sì... ma poi passa!). Mettete sul fuoco una pentola con abbondante acqua salata e aggiungete la carota, la cipolla, il sedano, qualche rametto di prezzemolo, l'alloro e lo spicchio d'aglio. Appena inizierà a bollire l'acqua, tuffateci l'anatra con il cuore, il fegato e il ventriglio (parte dello stomaco). Fate cuocere a coperchio semiaperto per circa un'ora, poi scolate e spellate l'anatra. Tritate finemente le frattaglie, tranne il fegato (o, se vi piace, anche il fegato), disossate l'anatra e mettete il trito di frattaglie e carne a rosolare in un po' di burro con un bel po' di foglie di salvia. Salate e pepate. Cuocete i bigoli in acqua salata e conditeli poi con questo sughetto. Una spolverata di parmigiano, se gradite, e via!

domenica 18 gennaio 2009

dopo i croissant, le brioche



Le brioche che vedete qui sono diverse da quelle fatte l'altra volta, che erano dei croissant al burro, tipo quelli francesi per intenderci. Queste sono, come dire, più briosciose, la pasta dentro è meno sfogliata, ma altrettanto saporite. Non sono troppo dolci, e vanno benissimo per colazione. La ricetta è sempre presa da un libro di Christophe Felder ma, siccome l'avevo fatta altre volte, senza mai ottenere il risultato della foto, vi metto anche la mia modifica, che è stata una piccola aggiunta di farina. Le altre volte non era mai lievitata bene come questa volta. Non so se sia stato merito di questa farina in più, ma di fatto io mi son trovata meglio così. Ah, piccola annotazione... mi è scappato il secondo compleanno di Adina!!!! Facciamo che lo festeggiamo con queste brioche, ben riuscite? :-) 

250 g di farina (più altri 30 circa)
30 g di zucchero
1 cucchiaino di sale
10 g di lievito fresco
3 uova 
2 cucchiai di latte
165 g di burro a temperatura ambiente
granelli di zucchero, se volete

Mettete la farina, lo zucchero, il sale e il lievito nell'impastatrice (o in una ciotola, se fate a mano), avendo cura che il lievito non tocchi né il sale né lo zucchero. Aggiungere le uova e il latte. Impastate 2-3 minuti. Incorporate il burro morbido e impastate di nuovo per altri 5-10 minuti, fino ad ottenere un impasto elastico che si stacchi dalle pareti della ciotola. Lasciate riposare circa un'ora in luogo senza correnti d'aria coperto da un panno umido. Quando è raddoppiata di volume, lavoratela e formate un biscione che metterete in frigo per due ore. Si indurirà. Procedete poi a fare le brioche, appiattendo un po' la pasta, facendo i triangoli e arrotolandoli, come qui. Oppure fateci dei quadratini, o delle brioche col tuppo sopra, tipo quelle siciliane. Dopo che avrete dato la forma desiderata, lasciate lievitare ancora due ore, poi spennellateli di un mix di uova e un goccetto d'acqua (volendo dei granelli di zucchero), e infornate a forno preriscaldato a 180° per circa 10-15 minuti, a seconda della grandezza che avrete dato alle brioche.

giovedì 15 gennaio 2009

cucina vicentina parte prima: ravi al lardo



E questa volta una ricetta vicentina. Di una volta, credo. Molto di una volta. Non ricordo che né la mia nonna, né la mia mamma, mi abbiano mai fatto né le ravisse, né i ravi. Mi insegna il mio libro di cucina vicentina (La cucina vicentina, Amedeo Sandri e Maurizio Falloppi) che le ravisse sono le foglie delle rape (dette ravi in veneto), e che sono molto più raffinate delle rape, e che andrebbero consumate alla prima gelata di novembre. Bollite e poi cotte a lungo, fino ad asciugatura. Io non ho trovato le ravisse, ma i ravi sì. E così ho fatto la ricetta meno delicata... Col lardo, "che una volta il burro e l'olio venivano usati molto di meno...ma era lardo buono", dice mia mamma! Che poi è strano davvero come in Veneto (o forse a casa mia?) si parli sempre di "verdura cota"... qualsiasi cosa che abbia un colore verde e che assomigli ad un'erba, è verdura cota, sempre con una T sola. Possono essere erbette, pisacan (tarassaco), spinaci, biete, ravisse, sempre verdura cota è! :-) Questo piatto sapeva di una volta, sapeva di veneto, profumava di maiale, di casereccio, di una tavola di legno, di camino, di famiglia.

1 kg di rape
100 gr di lardo (di buona qualità, ascoltate la Giuli!)
1 cipolla
1 spicchio d'aglio
brodo di carne
sale e pepe

Scaldate la lama di un coltello e battete il lardo riducendolo in poltiglia. Mettetelo in un tegame e aggiungetevi la cipolla e lo spicchio d'aglio a fettine. Fate appassire, unendovi le rape tagliate a fette fini con le loro fogliette. Aggiungete mezzo mestolo di brodo e lasciate cuocere circa trenta minuti. Salate e pepate. Servite con dei crostoni di pane.

lunedì 12 gennaio 2009

una breve vacanza



Non posso iniziare questo post senza pensare a loro, e a quel quiproquo che ci ha permesso un po' di viverli diversamente. Tutto iniziò l'estate scorsa, un link tra i tanti, la scoperta di una chambre d'hôtes nella regione del Languedoc-Roussillon, vicino alla Provenza, un innamoramento istantaneo. Prenotai per il 3 e il 4 gennaio, ma Isa mi scrisse che solo il 2 e il 3 saremmo potuti andare. Il 4 gennaio avrebbero chiuso. Io non mi sono accorta di quel cambio di date, sono andata dritta con le mie convinzioni e il 3 mi son presentata, disincantata, alla Maison Felisa. On vous attendait hier... Hier?!? Oui, hier ...ah! Ah, sacra storditezza pura e infinita! Che rare volte mi colpisce (forse), ma talvolta accade. Gentili, ci hanno permesso di stare lo stesso il 4 notte, in una dimensione profonda e accogliente, fatta anche di qualche chiacchiera e confidenza. Gentilissimi, direi. Ci siamo sentiti a CA-SA. Io non cerco mai, quando viaggio, il lusso, il gran servizio. Non mi appartiene. Ma sentirmi a casa, anche lontano da casa, è un segno di grande meraviglia. Dello spirito. Significa per me stare bene, muovermi spontaneamente, non come un elefante tra le uova. A casa, in un ambiente che mi si offre trasparente, pronto a farsi conoscere.

La loro è una storia come se ne sentono tante, di quelle storie che vorremmo fossero un po' le nostre storie, velatamente sognate. Isa e Philippe hanno aperto questa Maison Felisa, contrazione dei loro nomi a prolungarsi in Feliz, nel 2003. Facevano altro nella vita, in Svizzera, ma il loro era un sogno vero. Maestri nelle loro passioni, lui i massaggi e il benessere, lei la cucina. Tutti i giorni Philippe addolcisce il soggiorno dei suoi ospiti con le sue mani. Il venerdì e il sabato Isa prepara la cena per i suoi ospiti, con i suoi ospiti, davanti ai suoi ospiti, in una cucina armonica, senza soluzione di continuità, aperta e sorridente. E gli ospiti diventano in qualche modo amici, con un sorriso, una luce, un bicchiere di bollicine come apéritif. E che brava che è, Isa! Prepara e agghinda piatti come in un vero ristorante. Piccole porzioni, pronte ad accogliere un bis portato direttamente da lei, pentola in mano. Una cucina lieve, oggigiorno si definirebbe fusion, ma che è più semplicemente un sincretismo di sapori imparati in tanti viaggi, intrecciati di spezie, di tradizione e di novità. Spume di tartufi, ravioli con pasta wonton e profumo di citronelle (mi sfugge il nome in italiano.. ce l'ho pure in frigo... come si chiama??), ananas allo zafferano, splendide ganache al cioccolato, formaggio con miele e nocciole, ricette che non teme di raccontare. Tiene anche corsi di cucina, lì, nella sua cucina, ai quali non ho potuto partecipare, per il disguido delle date di cui sopra! Ma vi proporrò una sua ricetta presto, che mi ha generosamente spiegato e che mi era particolarmente piaciuta.

Tutto il resto sono foto scattate qua e là, tra Avignone e Uzès, Nîmes e Aix-en-Provence. Douce France!




Queste ultime foto sono tratte dal sito di Maison Felisa. Lei è Isa, bellissima, lui Philippe. E chi, sennò?

martedì 6 gennaio 2009

crema di castagne e mele, e tanta neve!!!

Inverno, legna, pianoforte e il tram giallo e crema numero 1 che passa sotto casa (V. Capossela)


Wow, wow, wow!!! Milano sommersa dalla neve! Sommersa forse no, a Milano anche se ci sono venti centimetri di neve non si vedono come in campagna o in montagna, ma questa mattina quando ho aperto le finestre era davvero tutto magico! I tetti, le strade, il mio balcone... tutto candido! Io che sogno sempre che torni una nevicata come quella dell'ottantacinque, ho infilato scarponcini e sciarpa e sono scappata per le strade di questa mia Milano, semivuota, quatta quatta, soave e pacifica. Lo vedete quel tram là sotto?? E' un rifacimento della vettura a carrelli 1500 rifatta l'anno scorso dai lontani anni Venti per la linea 1 e abbigliata come allora, di giallo e crema e di nessuna pubblicità!  Mi piace Milano, a volte di più. Oggi di più. Con quel tram giallo e crema, che ogni tanto si burla di noi, transitando sulla linea 9... Di ritorno, invece, una crema calda, con quel che il frigo offriva, ma offriva un bel po' di cose buone, che messe assieme hanno dato soddisfazione. 

per circa 4 persone

200 g di castagne precotte (lessate)
1 mela 
1 porro
1 carota piccola
2 foglie di alloro
1 rametto di rosmarino
2 foglie di salvia
olio extravergine
4 fettine di bacon
sale alla vaniglia (un tocco che ci stava bene!)

Mettete in una pentola due cucchiai d'olio extravergine e fateci poi rosolare qualche minuto la carota a pezzettini e il porro. Aggiungetevi poi le castagne (tranne qualcuna) e mezza mela. Coprite d'acqua, a livello con le verdure, e insaporite con le erbe (alloro, rosmarino e salvia). Dopo circa dieci minuti di cottura, togliete le erbe e passate al mixer fino ad ottenere una crema. Aggiustate di sale e di pepe. Fate poi abbrustolire le fettine di bacon in una pentola antiaderente, senza aggiungere grassi, finché il bacon diventa croccante, e tagliate a bastoncini la mezza mela rimasta. Guarnite i piatti con la crema, la fettina di bacon, dei bastoncini di mela fresca e qualche pezzettino di castagna qua e là. Poi io ci ho messo un pizzico di sale alla vaniglia (Halen Môn), visto che l'avevo preso, fra i tanti sali che mi ritrovo... e devo dire che ci stava proprio bene. :-)

**aggiornamento delle 22.50: giustappunto che i tram si burlano di noi... ennesimo scontro fra tram a Milano stasera, causa neve! Ma si può?


martedì 23 dicembre 2008

datteri con pesce spada affumicato



I datteri son semplicemente un classico delle nostre feste. Li ho voluti riproporre in questa veste, per me insolita, dopo averli assaggiati qua, con il sig. Medagliani che mi raccontava che chi coltiva i datteri non mangia datteri, visto che ci mettono tanti anni a crescere, più della vita di un uomo.
E mi son sembrati, con quest'aura di poesia, magnifici, i datteri. Io, che una volta non li mangiavo, adesso trovo che stiano benissimo in compagnia di un sacco di alimenti, dal formaggio caprino a un roquefort, dal foie gras alla pancetta, fino ad arrivare al pesce spada, o a qualche verdura, tipo l'indivia.
Questi sono semplicissimi da realizzare, ma di grande impatto per le papille gustative! Prendete dei datteri freschi, privateli del nocciolo e tagliateli in due, ma non completamente. Tagliate il pesce spada affumicato a dadini, e riempite i datteri con questa tartare. Se vi piace, legateli con dell'erba cipollina, ma in ogni caso sono ottimi se serviti con un po' di panna acida, una spruzzata di sale, pepe ed erba cipollina.
Un augurio speciale a tutti voi, per il nuovo anno che verrà. E anche di un buonissimo Natale!

mercoledì 10 dicembre 2008

stollen alsaziano



Era dall'anno scorso che volevo provare a farlo. Non so come sia iniziata, ma lo scorso Natale la nostra casa era piena di stollen freschi di forno! Dolce tipico delle feste tedesche, cui Dresda dedica persino un festival. La ricetta da me qui raccontata riprende invece una variante dello stollen tedesco, quella alsaziana, che però ha dei vicini germanici tutta la tradizione. Questo è meno ricco di burro e, a mio parere, risulta un filo secco. Va bene pucciato nel latte. Prossima volta provo una ricetta bavarese. Anzi, se qualcuno la sapesse, sarei felice di provare! Ho omesso anche tutti i vari canditi - che non sempre piacciono, sostituendoli con scorze d'arancia e limone. La casa profumava di agrumi alla fine!
Nel frattempo vi comunico che ho preso un nuovo pc e che forse, tra qualche tempo, una volta installati i dovuti programmi, tornerò un po' operativa anche qui! :-)

per il lievitino
50 cl latte intero
60 g farina
10 g lievito fresco

per la pasta
12 cl latte intero
5 g sale
80 g zucchero
10 g lievito fresco
1 uovo
100 g burro morbido
380 g farina
scorza di 1/4 di limone biologico
scorza di 1/4 di arancia biologica
2 cucchiaini di cannella

per il ripieno
80 g di mandorle
40 g di nocciole
80 g di uvetta
80 g di canditi limone e arancia (facoltativi)
1 cucchiaino di cannella
2 cucchiaini di rum
per finire, zucchero a velo (facoltativo)

Tritate grossolanamente gli ingredienti del ripieno e bagnateli con il rum. Fate macerare. Nel frattempo preparate il lievitino in una ciotola mescolando bene il latte, il lievito e la farina. Poi coprite con 380 g di farina e lasciate riposare senza coprire in un luogo caldo per circa 45 minuti.
Alla fine del tempo di riposo, la farina avrà delle crepe e si sarà un po' affossata: significa che il lievitino ha fatto il suo lavoro.
Versate la farina e il lievitino in un'impastatrice e aggiungete gli altri ingredienti: il sale, l'uovo, lo zucchero, il latte, il burro, il lievito, la scorza dell'aranzia e del limone. Potete lavorare anche a mano (io ho fatto così) per circa 4 minuti. la pasta deve risultare elastica. Rimettete a riposare per circa un'ora, coperta con un telo. Disporre la pasta sul piano di lavoro, e col mattarello stendetela a formare un quadrato di circa 25 cm per lato. Disponete al centro la frutta secca macerata nel rum, lavorate la pasta un po' sempre mantenendo il quadrato. Piegate la pasta su se stessa e, volendo potete a questo punto, tagliarla in due e ricavarne 2 stollen. Fate riposare ancora sotto un telo per un'altra ora.
Da ultimo, fate cuocere in forno caldo a 170° per circa 40 minuti. Se gradite, quando è quasi cotto, spennellate la superficie con del burro fuso. Io ho omesso questo passaggio, e ho semplicemente spolverizzato con dello zucchero a velo.

mercoledì 26 novembre 2008

ravioli di farina di castagne con pancetta, ricotta e mirtilli

L'aria di primo mattino profuma come un'idea.



Ecco un piatto non difficile e di gran sapore. Potrebbe essere una valida alternativa ai ravioli delle feste. La farina di castagne non l'avevo mai lavorata, il castagnaccio non mi fa impazzire, e quindi non l'avevo mai presa. Poi le mie amiche preferite me l'hanno regalata per il mio compleanno, insieme ad altre leccornie fantastiche, e così ho cercato un modo diverso di impiegarla. Il ripieno ha questi mirtilli che lo rendono particolare, ma non sono invasivi per nulla, come leggerete ne ho messi davvero pochi.

per la sfoglia
150 g di farina di castagne
75 g di farina bianca
2 uova medie
sale

per il ripieno
80 g di ricotta fresca
30 g di grana padano grattugiato
1 etto di pancetta (mezza coppata, mezza normale)
sale
pepe
8 mirtilli (anche congelati)

per condire
rosmarino
burro

Impastate la sfoglia dei ravioli, con le farine, le uova e il sale, lavoratela bene e lasciatela riposare mezz'ora. Nel frattempo frullate la pancetta fine e lavoratela con la ricotta e il grana padano. Aggiustate di sale e pepe e, da ultimo, aggiungeteci i mirtilli, che dovranno mescolarsi sì, senza rompersi del tutto. Fate riposare in frigo questo impasto. Stendete poi la sfoglia col mattarello (a gusto mio non sottilissima), fate delle palline con il composto del ripieno e confezionate i ravioli, come piacciono a voi. Bolliteli circa 7-8 minuti, e conditeli con del burro fuso aromatizzato con del rosmarino e, per abbellire, disponete qualche mirtillo qua e là. Io non ci metterei altro condimento, ma fate a vostro piacimento. Vengono circa 50 ravioli con queste dosi.

mercoledì 19 novembre 2008

e fu così che ci provò pure adina



Immersa in tutto questo gran can can di macarons che c'è stato un tempo sul mondo blog, a seguire il nuovo libro di Mercotte, e questi piccoli bottoncini che ogni tanto occhieggiano sul web, Adina poteva non cadere in tentazione? Era da un po' che ci volevo provare, in verità, poi la scorsa settimana in una conversazione con la mia amica Elena che mi chiedeva consigli per un dolce da dedicare in una serata di compleanno, l'illuminazione: perché non provi a fare i macarons? Potresti sorprendere tutti! E fu così che le ho tradotto dal francese un paio di ricette, una proprio di Mercotte, l'altra di Marina. Non so più se li abbia fatti, Elena, i macarons... ma in compenso ci ho provato anch'io. Dopo un primo tentativo quasi fallito, a causa del fatto che non avevo una bocchetta giusta per il sac-à-poche - mi sono venuti un po' bislacchi e grandicelli, mi sono attrezzata e ci ho riprovato. Il risultato è quello che vedete. Non ne è uscito solo uno bellino, eh! :-) Ce n'erano parecchi. Non avevo coloranti alimentari per abbellirli, e questi che ho fatto sono davvero semplici nel loro sapore. Ma credo ci riproverò, in fondo non mi sembrano molto difficili.
Ho incontrato solo un problema: entrambe le volte, ho provato a spolverizzare parte dei macarons con dei pistacchi tritati fini, la prima volta, e del cacao, la seconda. Ma quelli spolverizzati si son crepati sopra. Mentre gli altri sono rimasti sempre lucidi e precisi. Suggerimenti?

Ho capito che l'impasto base dei macarons si può fare in due modi:
1) a metà con meringa italiana e metà con gli albumi non montati;
2) senza meringa italiana, montando semplicemente gli albumi a neve.
Ho seguito la seconda versione, per praticità, ma vorrei provare anche l'altra. La ricetta ve la traduco, così l'avete in italiano se volete provare.

per i gusci
3 albumi (90 g)
210 g zucchero a velo
125 g farina di mandorle
40 g zucchero

per la ganache
120 g cioccolato fondente di buona qualità
30 g di panna fresca
8 nocciole

Serve seguire degli accorgimenti necessari e importanti:
uova: gli albumi devono essere stati separati dai tuorli un paio di giorni prima e vanno conservati in un tupperware in frigo. Con i tuorli rimasti potrete fare una frolla, come qui.
zucchero a velo e farina di mandorle: vanno mescolati per bene e passati obbligatoriamente al setaccio, per eliminare impurità e briciole più grossolane.
macaronnage: termine che si impiega per mescolare bene gli albumi montati a neve con il mix di farina di mandorle e zucchero a velo
crôutage: tempo per il riposo dei macaron prima di infornarli
forno: ventilato.
teglie: munirsi di 2-3 teglie da sovrapporre una sull'altra, importante per la riuscita della collerette sui gusci e per evitare che cuociano troppo sotto, seccandosi.
(per un maggiore approfondimento vi rimando ai due blog segnalati, che sono perfetti)

Partiamo. Dopo che son stati due giorni in frigo separati dai tuorli, tirate fuori gli albumi qualche ora prima di iniziare, così da lavorarli a temperatura ambiente (la temperatura influisce solo sulla velocità di montaggio, non sulla riuscita). Con un mixer mescolate bene lo zucchero a velo e la farina di mandorle e procedete poi a setacciarli lasciandoli cadere su un vassoio largo. Montate a neve gli albumi, aggiungendovi un cucchiaio di zucchero dopo poco e il resto dello zucchero a metà montaggio. Gli albumi saranno pronti quando faranno il bec d'oiseau, si dice in francese, cioè delle geometrie tipo becco di uccello. In caso il montaggio non riuscisse, abbiate l'accorgimento di aggiungerci un pizzico di sale o una goccia di limone. Trasferite gli albumi montati in una ciotola e man mano versateci il mix farina di mandorle-zucchero a velo, lavorando il tutto per qualche minuto con una spatola in silicone, facendo dei movimenti dai bordi al centro, senza rompere troppo gli albumi, e avendo cura di mescolare bene gli ingredienti (macaronnage). In questa fase potete aggiungere una punta di colorante alimentare, di matcha, di zafferano, di cacao... così diventano colorati). Munitevi ora di un sac-à-poche con una bocchettina tonda di circa 1 cm di diametro. Preparate le due teglie che andrete a sormontare una sull'altra, e rivestitele con la carta forno. Per farla stare attaccata, incollate gli angoli della carta forno alla teglia con una punta di impasto dei macarons. Accendete il forno a 150°. Versate il composto nella sac-à-poche e poi spremetelo sulla teglia ad ottenere dei cerchietti regolari di impasto disposti a intervalli simmetrici e non troppo vicini l'uno all'altro (potete anche disegnare prima i cerchi sulla carta forno, così da farli tutti uguali). Fate adesso riposare una mezz'oretta. Qui c'è chi fa riposare anche una notte, e chi omette totalmente il crôutage. Serve per far gonfiare di più il macaron. Io mi son trovata bene con circa 30 minuti di riposo. Infornate per 13 minuti. Tirate fuori e lasciate raffreddare un attimo, prima di staccare i gusci. Si staccheranno facilmente, se così non fosse provate a cuocere un minuto ancora oppure a mettere direttamente il foglio di carta forno con sopra i macarons (incollati) su un piano freddo.
Per il ripieno: fate fondere a bagnomaria il cioccolato e la panna. Aggiungetevi le nocciole tritate e tostate (se volete, sennò sarà una ganache al cioccolato). Lasciate intiepidire. Raffreddando totalmente, la ganache diventa un po' solida, per cui ho preferito metterla dentro ai macarons quando era quasi fredda, ma non totalmente, così da riuscire a schiacciarla bene tra i due gusci.

domenica 26 ottobre 2008

mousse di pere e cioccolato



L'insieme cioccolato e pere è un classico di sempre. Forse perché son fin troppo classica io :-) in cucina rifuggo un po' da questi accoppiamenti. Ma la mia amica Mafi, che invece è conservatrice sotto certi aspetti, non ama troppo i cibi strani. E domani siamo a cena da lei, quattro amiche di sempre che si prenderanno in giro, come sempre, e chiederanno il conto alla Monica, arredatrice d'interni (e mi scappa da ridere, e lei sa perché) che ci vende i mobili, e lei non ce lo vorrà dare ma alla fine ci darà, solo che chissà quando, e l'Ilaria neomamma con la pupa a casa, che lei chiama la berta, che finalmente verrà a casa della Mafi a rivedere i bucolici appesi, e che io prenderò in giro perché per anni mi ha definita stonata sentendomi cantare Azzurro, ma da poco ho avuto la riprova che lei è molto più stonata di me! E quindi, in questa cenetta combinata in quattro e quatt'otto, lei, la padrona di casa, mi ha chiesto: ma una torta cioccolato e pere non la sai fare? O una mousse di pere non si può fare? Che le pere son di stagione adesso! Correva un tempo in cui tra di noi andava alla grande la bavarese di fragole, ma quella delle buste, che Ilaria mal sopportava e ancor oggi mi prende in giro per quelle bavaresi (con immensa ragione)... e per un riso allo stracchino, definito da ospedale. Avevamo solo 25 anni all'epoca, quante risate, quante fatiche sui libri, ma quante risate soprattutto. L'università ci ha unite per la vita ormai. T'è andata bene, Ilaria, non è stagione di fragole adesso... E quindi, Mafina, eccoti accontentata! Certo, non sapendo se l'esito sarà positivo, ho fatto anche una crostata con le pere... senza cioccolato però. Domani o dopo pubblico pure quella!

per 4 bicchieri

purea di pera
1 kg di pere williams
120 g di zucchero
1,5 l d'acqua

mousse di pera
200 g di purea di pera
80 g di panna montata
6 g di gelatina in fogli
60 g di albume d'uovo

salsa di cioccolato
60 g di panna liquida
60 g di cioccolato fondente
1 cucchiaino di cacao
zenzero candito (regalatomi da Stella, vedi ricetta)

Sbucciate le pere e tagliatele a tocchi. Mettetele in una pentola con l'acqua e lo zucchero a cuocere circa 15 minuti. Scolatele dolcemente su una griglia e asciugatele. Frullatele e ricavatene una purea: ve ne servirà circa 200 grammi. Preparate poi una meringa italiana: fate sciogliere 70 g di zucchero con 20 g di acqua, portateli alla temperatura di 121° C e incorporate lo sciroppo ottenuto agli albumi che avrete iniziato a montare due minuti prima. Lasciate sbattere fino al raffreddamento della meringa. Ottenuto un composto spumosissimo, denso, liscio e lucido, scaldatene un pochino e fateci sciogliere la colla di pesce, bagnata e strizzata. Montate la panna e mescolate piano la meringa, la panna e la purea di pera. Versate il composto in stampini o bicchierini e mettete in frigo a rapprendere qualche ora. Quando la mousse si è un po' rappresa, procedete con la salsa di cioccolato: fate sciogliere il cioccolato a bagnomaria con la panna e il cacao. Lasciate intiepidire e versatene poi un lieve strato sulla mousse livellandola (se invece usate gli stampini, versatela alla fine, quando sformate). Tritate lo zenzero candito e terminate la composizione del bicchierino spolverizzando anche con qualche scaglia di cioccolato.

lunedì 20 ottobre 2008

biscotti al tè affumicato e nocciole delle langhe



Un post veloce, che devo riprendere a lavorare e mi attende una giornata densa. Innanzitutto buon lunedì! Oggi una proposta divertente e, per me, dal sapore insolito. Sabato siamo stati all'Arte del ricevere che,per chi è di Milano, è sicuramente posto noto per i tè e soprattutto per una grande competenza. Ebbene, lì ho scoperto solo una parte, infinitamente piccola, lo so, di modi di impiegare il tè anche nel cibo. E ho assaggiato dei biscottini deliziosi e fatto due chiacchiere con Michela Lavaggi, shop manager del negozio, davvero gentile. Tra l'altro ho aggiunto a sinistra nel link dei corsi di cucina anche quelli organizzati dall'Arte del ricevere, Longevi-tea. Io ho tradotto a modo mio questi biscotti al thé fumé Oolong e nocciole. Il tè oolong è tipico della Cina e, questo tipo che ho preso io, Crocodile, va dosato in 2-3 grammi per 150 ml di acqua a 90° per 6 minuti.

per circa 30 biscotti

150 g di burro
250 g di farina
120 g di farina di riso
60 g di zucchero
1 stecca di vaniglia
1 pizzico di sale
1 uovo
8 g di tè Oolong fumé
qualche nocciola tonda delle Langhe

Mettere in un mixer il burro, le farine, lo zucchero, i semini di mezza stecca di vaniglia grattati, il sale e frullate fino a che il burro abbia assorbito la farina. Aggiungeteci da ultimo l'uovo, qualche nocciola e le foglioline del tè. Fate una palla e tenetela in frigo a riposare un'oretta. Poi stendetela col mattarello ad un'altezza di quasi un cm e ricavatene le formine che andrete a cuocere a forno già caldo a 180° fino a doratura (circa 15 minuti). Il sapore è un po' inconsueto, rilascia le note dell'affumicato e del tostato della nocciola. Mi son piaciuti.