mercoledì 28 novembre 2007

pane ai tanti semini, e dentro pomodori secchi



Lo scorso fine settimana è stato di panificazione. Ho provato a ripetere la tecnica del poolish (di norma è pari quantità di acqua e di farina più pochissimo lievito), sperimentata in occasione delle mille prove di Ironblog, e devo dire che mi piace. Trovo sia semplice, solo serve avere un paio di giorni di tempo per la lievitazione. Ecco, ora qui c'è l'Adagio di Albinoni che suona, un caldo té davanti, le carte chiuse, e tra poco scappo al corso di foto. Una fettina di questo pane ci starebbe bene per merenda... caldino magari, che un po' freddino fa.

250 g di farina manitoba
250 g di acqua
lievito di birra fresco (0,5% del peso della farina)

250 g di farina di semola
sale
pomodori secchi
semini tutti quelli che volete (grani di senape, sesamo bianco o nero, zemi di zucca...)
un tuorlo d'uovo

Il poolish è una preimpasto, che necessita poi di parecchie ore di fermentazione. Serve mescolare il lievito nell'acqua e aggiungervi, setacciandola magari, la farina. Ne otterrete un composto abbastanza liquido, che coprirete con un panno e farete fermentare in un luogo riparato per circa 10-12 ore. Io l'ho lasciato un po' di più a dire il vero. Trascorso questo tempo, aggiungeteci un pizzico ancora di lievito di birra sciolto in pochissima acqua (mezza tazzina) e 250 g di farina di semola. A metà della lavorazione metteteci un po' di sale. Impastate e fate lievitare ancora qualche ora (una è sufficiente, ma più lasciate meglio è). Alla fine, metteteci dentro quello che volete, io qui ci ho messo dei pomodorini secchi tagliati finemente, e sistemate in uno stampo (o anche senza stampo!). Spennellate la superficie con il tuorlo d'uovo, metteteci tutti i semini che desiderate e fissateli ancora con una spennellata di tuorlo. Fate riposare ancora un'oretta. Infine cuocete in forno caldo a 170° per almeno 40 minuti con una ciotoletta d'acqua in forno.

martedì 27 novembre 2007

a Silvia




Non credo di dover aggiungere altro, già è stato adempiuto il dovere magnificamente qui, qui e qui. Solo volevo mantenere la mia promessa, a Silvia, al suo ottimo vino Rosae Mnemosis, memoria della rosa vicino a cui la vigna dà i suoi frutti, a quella persona speciale che mi è sembrata, conoscendola alla Galleria Spazioinmostra di Federica Ghizzoni a Milano, il 26 ottobre scorso, dove è stato presentato Art Box. Solo seimila bottiglie per questo vino con l'accento aromatico e speziato. Una velina lieve ad avvolgere la bottiglia nera nera, una favola a raccontare la favola di Silvia e di sua sorella Simona, una storia. E niente è più emozionante di un qualcosa che nasce già da e su radici profonde.

il filetto di maiale ripieno di verza, con salsa di barbabietole

400 g di filetto di maiale
una verza
1 spicchio d'aglio
mezzo bicchiere di vino bianco
olio extravergine di oliva
sale rosso Alaea rouge
sale nero delle Hawaii
pepe nero

per la salsa

50 g di barbabietole fresche
2 cucchiai di latte
verza
olio extravergine
sale e pepe

Fate cuocere le foglie di mezza verza in acqua bollente qualche minuto. Tagliatele a listarelle e trasferitele in un tegame dove avrete fatto rosolare lo spicchio d'aglio. Salatele appena e fatele cuocere qualche minuto. Asciugate il filetto di maiale, incidetelo al centro dalla parte lunga con un coltello affilato, avendo cura di non arrivare proprio in fondo. Ne ricaverete una fessura, dove inserirete la verza. A questo punto, legate con lo spago da cucina il filetto, come se fosse un arrostino. Scottatelo a fuoco vivo in un po' d'olio in tutti i lati, bagnate con il vino, e coprite per circa mezz'ora facendo cuocere dolcemente a fuoco basso. Preparate nel frattempo la salsa di barbabietola. Nel tegame dove avete precedentemente fatto cuocere le verze, aggungetevi la barbabietola, in modo che appassisca un po'. Trasferite verza e barbabietola nel bicchiere del mixer ad immersione e frullatela, emulsionando con un filo d'olio e il latte, fino ad ottenere una cremina, aggiustando a gusto vostro di sale e pepe. Ha un gusto delicatissimo.
Sistemate la salsa nel piatto, appoggiatevi sopra il filetto tagliato a pezzi, e decorate con qualche barbabietola a julienne e un pizzico di sale rosso e nero.

venerdì 23 novembre 2007

semplicità, why not?



La saga del rifacimento delle scale e dell'atrio nel nostro palazzo era iniziata quando, a due assemblee condominiali fa, si era deciso di mettere i pannelli pubblicitari nella parete perimetrale vuota del condominio, così da guadagnarci due lire da impiegare nella ristrutturazione. Finalmente, dopo mesi e mesi, una mattina sono comparsi degli imbianchini. Un imbianchino, in verità, baffuto e silente, una bianca visione. E lì è iniziata la barzelletta che ogni giorno, considerazioni semiserie e responsabili a parte, ti fa iniziare la giornata con un mezzo sorriso interiore (a me almeno!). Per la scelta dei colori è stato adottato il metodo, spartano e pratico, di appendere dei fogli nell'atrio, con la scelta tra 1, 2 e 3, colore 1, 2 o 3. Le buste del sempreverde Mike! E lì, lì, sono iniziati i commenti dei condomini che si firmano (o non si firmano, meglio dire) anonimi, le battute e c0ntrobattute! Stamattina era la volta del colore simil marmo (!) da scegliere per l'atrio. Solite buste, 1, 2 o 3, con mezze pareti dipinte sul beige e bordeaux, riquadri e cornici disegnati, laddove nel pezzo di muro soprastante c'è un bassorilievo floreale e così bucolico. :-) Ma... WHY NOT? ha scritto l'anonimo di turno, affiggendo il suo di disegno, con un rombo rosso fuoco e giallo limone pieno di venature!!
Fuori diluvia e io amo la semplicità.

125 g cioccolato fondente 70%
125 g burro
1 tazzina di caffé
2 uova
120 g zucchero
150 g farina
1 punta di lievito
150 g di pistacchi e pinoli

Fate fondere il cioccolato con il burro e, una volta fuso, aggiungetevi una tazzina di caffé caldo. A parte, sbattete le uova e lo zucchero finché il composto diventi bianco, aggiungetevi man mano la salsa di cioccolato. Da ultimo, versatevi la farina setacciata con il lievito, sempre mescolando. Tostate lievemente i pistacchi e i pinoli e aggiungeteli al composto. Versate il tutto in uno stampo quadrato 30x30 ben imburrato (o ricoperto di carta forno) e poi in forno caldo a 180° per circa 20-25 minuti. Non deve cuocere troppo, sennò diventa duro. A fine cottura, ma quando è ancora caldo, tagliate i cubotti e mangiate tiepidi.

martedì 20 novembre 2007

le avventure di adina per ironblog :-))



Eccomi tornata! E' da un po' che non scrivo, Ironblog a parte, ma stasera ho ripreso finalmente la mia attività cuciniera. Vi avevo promesso le avventure di Adina in cucina la domenica prima di Ironblog, no? eheh... Adina era an-sio-sa. Quando Massimo ci ha mandato gli ingredienti, mi son guardata dentro e mi son detta: oh-oh, a me il mais non piace... oh-oh, a me il radicchio cotto non piace molto. Meno male c'era il provolone, ma uno su tre, solo uno su tre, la vedevo dura. Adina ha quindi avuto il panico da ingredienti. E di conseguenza, il blocco da foglio bianco, come a scuola. Ti impongono di fare un tema, la mente diventa piatta. E più pensi a cosa fare, e più non ti esce nulla di buono! Magari se avessi dovuto dare un consiglio a qualcun altro, anche sul medesimo tema, mi sarebbero venute mille idee! Ma quel dì, la nebbia totale. La testa frullava, mais, radicchio, formaggio, pannocchie, trevisana, veronese, provolone... Meno male la domenica in questione ero a casa sola, almeno questo. Potevo pasticciare tutto il giorno, senza render conto a nessuno. Lasciare casino, spargere farina, sgranare pannocchie, sperimentare. Avevo una scorta di radicchio, di mais (!!) e di provolone. Potevo inventarmi davvero di tutto.
Ho iniziato il sabato mattina a sfogliare tutti i ricettari in mio possesso, i siti internet, a scrivere mais in tutte le lingue su google, sperando nella magia della lampada di aladino, a guardare tutte le riviste di cucina inglesi, francesi, italiane (a cosa servono se non t'aiutano nel momento del bisogno?), ho invocato Donna Hay, che lei di picnic se ne intende, eccome! Nulla. Cioè, sì, qualcosa c'era, c'era molto anche, foto come sempre magnifiche, tortine perfette, pani dorati e croccanti, biscotti fatti col compasso... ma in me vedevo solo quel mais maledetto che non sapevo dove allocare! Mi immaginavo seduta sull'erba, con in mano una pannocchia! Avevo pensato alla zuppa di mais (meno male non l'ho fatta poi! :-)), ma poi mi si sovrapponeva l'immagine di me sul prato imbrattata di zuppa, avevo pensato a un paté, ma come l'avrei amalgamato il paté che avevo solo il mais?!? Pensavo e pensavo... in tutto ciò ho creato un pane. Iniziando il sabato prima, col poolish (bella scoperta in ogni caso!), pari quantità di farina e acqua e un pizzico di lievito fresco. La mattina il poolish era perfetto, pieno di bollicine che promettevano solo follie! Impasto, stendo, lascio riposare. Nel mentre mi passa la voglia del pane. Però continuo, ci ficco dentro il mais, sì, sempre lui, ristendo in modo da non vedere più quei granellini gialletti, tiro una sfoglia spessa che riempio con il radicchio cotto insieme allo scalogno, ci metto del provolone, ne faccio un salsicciotto, lo taglio a fette, le avvicino a mo' di rosa nella teglia, metto in forno. Cuoce. Non male, lievita pure bene! Ma viene brutto, brut-to. E come la presento a Ironblog questa ciofeca? Niente, serve inventarsi quelcos'altro. Lo assaggio, era pure insipido (ma questo non si sarebbe visto :-)).
Allora faccio i blinis. Proviamo su, c'è ancora il sole, mi devo sbrigare prima che venga buio. La foto è discreta anche se, a ben guardare, non è proprio bellissima. La faccio da tutti i lati, vorrei rendere l'idea del picnic. Mah... sempre peggio. Alla fine butto tutto, non ne posso più di questi ingredienti. Davanti a me solo il buio, fisico, di una domenica pomeriggio assolata che, ahimè, sta per finire e io non avrò per martedì la mia foto discreta...
La sera mi viene un altro lampo del mio genio che è meglio stia a riposo talvolta. Faccio i tacos! Frullo il mais con la farina, finché diventa una pappetta, e ci metto pian piano gli altri ingredienti. Così il mais scompare! E così, via coi tacos. Erano fantastici, la ricetta ve la darò sicuramente, solo che poi, la provola e il radicchio, come ce li infilavo nella ricetta? Così, nudi e crudi... e che ricetta è? Con tutto questo andirivieni di pensieri arrivo a martedì. Ironblog mi ha stesa. :-) Mando i blinis, e non se ne parli più. Ormai la tensione è scesa. Ho deciso, e non torno indietro. Talmente deciso che non mi pongo nemmeno tanto il problema di come scrivere la ricetta in maniera ineccepibile. Già. Io che a scuola in italiano il blocco del foglio bianco non l'avevo mai, io che in italiano andavo pure bene. Ogni settore ha il suo linguaggio. Quindi... dell'importanza assoluta di un uso appropriato di un linguaggio appropriato. Dell'importanza di avere davanti un cuoco, che avrebbe giudicato innanzitutto il procedimento dato, solo, da come io l'avrei descritto. Dell'importanza della giusta sequenza di ingredienti. Farina frullata col mais, uova, e il latte a filo. Perché è così che ho fatto. Ma non l'ho scritto. Io, che penso sempre che serve essere precisi, non lo sono stata. Ironblog ha dato una lezione. Ricordiamocelo tutte le volte che scriviamo una ricetta. Non sottovalutiamo mai nulla, in cucina, ogni piccolo passo ha la sua dovuta importanza.

giovedì 15 novembre 2007

i miei insoliti blinis



Eccoli eccoli, ormai la prassi è: prima di e poi di qua. Il mio ciuffetto di tardivo che scrocchia sotto i denti e che incorona i miei blinis un po' esotici e un po' veneti, col tocco della curcuma e del radicchio. Adesso non ci resta che attendere il Sig. Uliassi e il suo onorevolissimo giudizio! (pauraaa...)

p.s. vi racconterò poi tutti i retroscena di Adina in cucina per Ironblog. :-)

mercoledì 14 novembre 2007

le lady di ferro, si fa per dire

...e ci siamo... tocca a noi, a me e a Tuki, la prossima sfida che verrà pubblicata a breve. Quindi, impazienza è la parola d'ordine, vedete e leggete tutto qua, chez Mr Kelablu! Con i tre ingredienti che faranno la storia di tutti i picnic! :-)
Voglio dire in bocca al lupo a Tuki, che di nome vero fa Jessica (posso vero?, a me i nomignoli vanno bene, ma questo è un in bocca al lupo a te e alle tue grandi capacità!) e a me, sfidante.
Sarò fuori tutto il pomeriggio, chissà se qualcuno mi avviserà di quanto accaduto o accadrà. Buon ironblog a chi verrà poi dopo di noi, anche!

mercoledì 7 novembre 2007

erbette agli agrumi



Diciamo solo che al ritorno da Roma, ho ben pensato di stare qualche giorno a regime. Mammù ha cucinato davvero ogni ben di dio, Pizzarium e Sforno sono pizzerie davvero rustiche e prelibate, il gelato, pure quello, ci è dovuto stare, e così... ora solo qualche giorno di rimedio, che i pantaloni stretti non mi piacciono troppo!
Certo, pensavo di mettere un cartello qui "chiuso per dieta, breve però", ma poi mi spiace non cucinare, e così sono andata alla ricerca del buono leggero. Ne sono venute fuori queste erbette.

per 4 persone

un cespo di biete
un'arancia
un limone
uno spicchio d'aglio
3 cucchiai d'olio
peperoncino
sale e pepe

Lavate bene e mondate le erbette. Tagliate le parti più dure a pezzetti piccoli e le foglie lasciatele più larghe. Asciugatele. Tagliate l'aglio a fettine sottili e con un pelapatate ricavate delle fettine di buccia di arancia e di limone, privandole della parte bianca. In un wok (o altra pentola antiaderente), mettete l'olio, l'aglio, le scorzette degli agrumi. Fate appena dorare, poi aggiungetevi le erbette e lasciatele cuocere un pochino. A me piacciono se restano croccanti, però il grado di cottura sarà a vostro piacimento. Aggiustate di sale e un pizzico di pepe. Fate asciugare eventuale acqua che uscirà dalle biete e mettete su un piatto. Condite col succo di un limone e dei peperoncini sminuzzati.

lunedì 5 novembre 2007

i tozzetti di mammù



Il fine settimana del ponte, lungo e bellissimo, anche come sole e caldo, l'ho trascorso a Roma. Da Simona, la mia coinquilina del blog. Con Cri e Cate, anche. A Roma ci son stata un mucchio di volte, visto che Simona vive lì e non si può far passare troppo tempo senza che ci si veda. Roma per me non è la Fontana di Trevi (anche se l'avrei rivista volentierissimo tutta rossa), il Colosseo o San Pietro. Roma è ritrovare una seconda famiglia, che quando ci vado non devo portarmi l'asciugamano o il dentifricio (grazie Simo'!! sai che lo scambio è reciproco poi, no?), che quando riparto col treno sono piena di cose buone da mangiare e rischio di impuzzare tutto il treno :-) (questa volta è stato il turno del guanciale, della chitarra per fare la pasta, dell'aglio dell'Abruzzo, del pecorino...), che quando son là, rischio di metter su almeno 2 kili in un paio di giorni, perché tutto ciò che mamma Laura cucina è davvero ottimo!!! Sopra tutte io adoro le verdure che fa, sempre tante, sempre buonissime, sempre romane! Sono di parte, lo so, ma che ci devo fare? Questa volta la gitarella è stata anche cultura, con le mostre sulla Pop Art e Rothko, pittore quest'ultimo che amo, capace di colorare le sue tele semplicemente, rendendole un'emozione unica! Il Palazzo delle Esposizioni riaperto da poco è stata una sorpresa. Mi è parsa, da profana chiaramente, una ristrutturazione riuscita. Tutto profumava ancora di nuovo, certo, ma forse che ci si stia avvicinando un pochino all'Europa? E poi è stata la volta di Sforno, grande pizzeria, super pizza leggerissima, buonissimi i frittini. Non potevamo mancare.
Ma più di tutto, restano

i tozzetti di mammù

800 g di farina
200 g di zucchero
1 bicchiere di olio
mezzo bicchiere di limoncello
3 uova intere
nocciole (o pinoli o mandorle)

quasi dei cantuccini, ma decisamente meno stucchevoli e dolci, friabili, una coccola in ogni momento. Mamma Laura mi ha passato la ricettina, che farò presto (ora sono a dieta qualche giorno... mi tocca, dopo Roma), e quelli in foto li ha fatti tutti lei!
Impastate gli ingredienti, formate un salametto e cuocetelo in forno a 180° finché lo vedrete appena dorato. Estraetelo dal forno, tagliatelo a fettine e poi ripassate i biscotti ottenuti ancora qualche minuto al forno. (il limoncello non si sente, garantisco)