domenica 26 ottobre 2008

mousse di pere e cioccolato



L'insieme cioccolato e pere è un classico di sempre. Forse perché son fin troppo classica io :-) in cucina rifuggo un po' da questi accoppiamenti. Ma la mia amica Mafi, che invece è conservatrice sotto certi aspetti, non ama troppo i cibi strani. E domani siamo a cena da lei, quattro amiche di sempre che si prenderanno in giro, come sempre, e chiederanno il conto alla Monica, arredatrice d'interni (e mi scappa da ridere, e lei sa perché) che ci vende i mobili, e lei non ce lo vorrà dare ma alla fine ci darà, solo che chissà quando, e l'Ilaria neomamma con la pupa a casa, che lei chiama la berta, che finalmente verrà a casa della Mafi a rivedere i bucolici appesi, e che io prenderò in giro perché per anni mi ha definita stonata sentendomi cantare Azzurro, ma da poco ho avuto la riprova che lei è molto più stonata di me! E quindi, in questa cenetta combinata in quattro e quatt'otto, lei, la padrona di casa, mi ha chiesto: ma una torta cioccolato e pere non la sai fare? O una mousse di pere non si può fare? Che le pere son di stagione adesso! Correva un tempo in cui tra di noi andava alla grande la bavarese di fragole, ma quella delle buste, che Ilaria mal sopportava e ancor oggi mi prende in giro per quelle bavaresi (con immensa ragione)... e per un riso allo stracchino, definito da ospedale. Avevamo solo 25 anni all'epoca, quante risate, quante fatiche sui libri, ma quante risate soprattutto. L'università ci ha unite per la vita ormai. T'è andata bene, Ilaria, non è stagione di fragole adesso... E quindi, Mafina, eccoti accontentata! Certo, non sapendo se l'esito sarà positivo, ho fatto anche una crostata con le pere... senza cioccolato però. Domani o dopo pubblico pure quella!

per 4 bicchieri

purea di pera
1 kg di pere williams
120 g di zucchero
1,5 l d'acqua

mousse di pera
200 g di purea di pera
80 g di panna montata
6 g di gelatina in fogli
60 g di albume d'uovo

salsa di cioccolato
60 g di panna liquida
60 g di cioccolato fondente
1 cucchiaino di cacao
zenzero candito (regalatomi da Stella, vedi ricetta)

Sbucciate le pere e tagliatele a tocchi. Mettetele in una pentola con l'acqua e lo zucchero a cuocere circa 15 minuti. Scolatele dolcemente su una griglia e asciugatele. Frullatele e ricavatene una purea: ve ne servirà circa 200 grammi. Preparate poi una meringa italiana: fate sciogliere 70 g di zucchero con 20 g di acqua, portateli alla temperatura di 121° C e incorporate lo sciroppo ottenuto agli albumi che avrete iniziato a montare due minuti prima. Lasciate sbattere fino al raffreddamento della meringa. Ottenuto un composto spumosissimo, denso, liscio e lucido, scaldatene un pochino e fateci sciogliere la colla di pesce, bagnata e strizzata. Montate la panna e mescolate piano la meringa, la panna e la purea di pera. Versate il composto in stampini o bicchierini e mettete in frigo a rapprendere qualche ora. Quando la mousse si è un po' rappresa, procedete con la salsa di cioccolato: fate sciogliere il cioccolato a bagnomaria con la panna e il cacao. Lasciate intiepidire e versatene poi un lieve strato sulla mousse livellandola (se invece usate gli stampini, versatela alla fine, quando sformate). Tritate lo zenzero candito e terminate la composizione del bicchierino spolverizzando anche con qualche scaglia di cioccolato.

lunedì 20 ottobre 2008

biscotti al tè affumicato e nocciole delle langhe



Un post veloce, che devo riprendere a lavorare e mi attende una giornata densa. Innanzitutto buon lunedì! Oggi una proposta divertente e, per me, dal sapore insolito. Sabato siamo stati all'Arte del ricevere che,per chi è di Milano, è sicuramente posto noto per i tè e soprattutto per una grande competenza. Ebbene, lì ho scoperto solo una parte, infinitamente piccola, lo so, di modi di impiegare il tè anche nel cibo. E ho assaggiato dei biscottini deliziosi e fatto due chiacchiere con Michela Lavaggi, shop manager del negozio, davvero gentile. Tra l'altro ho aggiunto a sinistra nel link dei corsi di cucina anche quelli organizzati dall'Arte del ricevere, Longevi-tea. Io ho tradotto a modo mio questi biscotti al thé fumé Oolong e nocciole. Il tè oolong è tipico della Cina e, questo tipo che ho preso io, Crocodile, va dosato in 2-3 grammi per 150 ml di acqua a 90° per 6 minuti.

per circa 30 biscotti

150 g di burro
250 g di farina
120 g di farina di riso
60 g di zucchero
1 stecca di vaniglia
1 pizzico di sale
1 uovo
8 g di tè Oolong fumé
qualche nocciola tonda delle Langhe

Mettere in un mixer il burro, le farine, lo zucchero, i semini di mezza stecca di vaniglia grattati, il sale e frullate fino a che il burro abbia assorbito la farina. Aggiungeteci da ultimo l'uovo, qualche nocciola e le foglioline del tè. Fate una palla e tenetela in frigo a riposare un'oretta. Poi stendetela col mattarello ad un'altezza di quasi un cm e ricavatene le formine che andrete a cuocere a forno già caldo a 180° fino a doratura (circa 15 minuti). Il sapore è un po' inconsueto, rilascia le note dell'affumicato e del tostato della nocciola. Mi son piaciuti.

giovedì 16 ottobre 2008

deep purple



E vabbé, son caduta nella trappola modaiola del viola! Certa che non siano una novità, queste patate violette, le avevano fatte anche Sandra e Adrenalina, è altrettanto certo che una persona che ha un blog di cucina dovrebbe essere curiosa verso qualsiasi cibo e provare tutto ciò le si presenti davanti. Io sono esattamente così. Quando me le son viste a Vicenza, da Gigi e Raffaella (fruttivendoli acuti e sensibili)... come resistere? E poi, perché resistere? In fondo, di un kilo di patate si trattava. Semplicemente chic nella loro sfumatura purpurea. Dentro e fuori. Credo siano originarie della Francia queste che ho preso, e siano la varietà Vitelotte, soprannominate anche truffes bleues (tartufi blu). Nessuna elaborazione chimica, il colore deriva da un pigmento naturale, l'antociano, presente anche nelle more, nelle viole, nella pelle delle melanzane.

Avrei potuto sbizzarrirmi in qualsiasi ricetta, ma il tempo è quel che l'è, direbbero a Milano. Trovo fantastica l'interpretazione di Cerveni, io ci ho fatto solo dei semplici gnocchi. Non vi so dire quante patate, quanta farina. Ho fatto ad occhio. Le patate assorbivano benissimo la farina, non ne è servita molta, devo dire. Li ho conditi con dei gamberetti, dei pomodorini tagliati fini e qualche dadino di pancetta affumicata fatti rosolare in un goccio d'olio con uno spicchio d'aglio. Poi, per completare la cena in viola, ho fatto un'insalata di cavolo rosso tagliato fine, noci macadamia spezzate in due e fettine di primosale. Deliziosa, devo dire.

lunedì 13 ottobre 2008

timballo di grano saraceno con crema di verza e fichi



...e Adina scoprì il grano saraceno decorticato. Adoro il suo sapore, ma solo sotto forma di farina l'avevo usato, e ci avevo fatto degli gnocchi e una torta, splendida, oltre ai classici pizzocheri. Ma il grano saraceno in grani, beh, ecco, mai l'avevo visto prima. Sono dei granellini fatti tipo piramidine, tipo un farro, un orzo. E hanno quel sapore di noce tostata, di grano saraceno semplicemente. Ci ho fatto un timballo e poi, visto che faccio sempre di necessità virtù, avevo in casa della verza (che ormai in frigo iniziava ad essere ingombrante) e alcuni fichi residui di stagione, beh... li ho abbinati. Mai avrei immaginato. Il sapore della verza così deciso, col dolce dei fichi. Parevan fatti l'uno per l'altro.

per 4 timballi

150 g di grano saraceno decorticato
200 g di verza mondata e tagliata
2 cucchiai di parmigiano
1 cipolla
2 fichi neri
50 g di zucchero
olio extravergine, sale e pepe
1 noce di burro e pane grattugiato

Iniziate dalla verza, che metterete a cuocere con un goccio d'olio e la cipolla affettata fine, sale e pepe. Quando inizia ad appassire lievemente, aggiungetevi un bicchiere d'acqua. Regolate di sale, se serve. Fate sobbollire qualche minuto, senza far assorbire tutta l'acqua. Poi tritate il tutto con il mixer ad immersione. Per la marmellatina di fichi, ho semplicemente fatto caramellare un fico tagliato a pezzetti con lo zucchero per qualche minuto e poi ho frullato il tutto. Nel frattempo cuocete il grano saraceno come fosse un risotto. Fatelo un po' tostare in una padella antiaderente con la cipolla tritata e un goccio d'olio finché sprigionerà il suo profumo. Aggiungeteci dell'acqua e fate cuocere circa 18-20 minuti (leggete preventivamente le istruzioni sulla confezione del grano saraceno, il mio diceva 18 minuti). Verso fine cottura mantecate con un paio di cucchiai di crema di verza e un paio di cucchiai di parmigiano. Imburrate degli stampini e passateci il pangrattato, poi riempiteli con il grano saraceno, schiacciando bene. Metteteli in forno caldo in una teglia riempita con un dito d'acqua. Non devono cuocere, solo rimanere caldi qualche minuto e prendere la forma. Sistemate la crema di verza sui piatti, disponete il timballo al centro e decorate con qualche punta di marmellata di fichi e volendo con dei fichi freschi.

giovedì 9 ottobre 2008

gita fuori porta



Mi sono incantata ed ero estasiata nel guardare tutte quelle vigne! Non ci avrei più staccato gli occhi. Tutte allineate e dritte, geometrie perfette e dolci in una gradazione ininterrotta, e solo qua e là qualche tetto rosso, sparute stradine bianche, sentieri. Forse perché ho qualche forma di devianza mentale per quanto riguarda l'ordine (vi ricordate?), le Langhe mi son sembrate il mio territorio. Perfetto. Eravamo di ritorno da una giornata al mare, il cielo si stava facendo livido ma, man mano ci si avvicinava al territorio del bue grasso, del vino, dei bolliti, delle nocciole, dei formaggi, di quanto di meglio la gastronomia possa offrire, ecco, un raggio di sole, tenue. Un paesaggio reso evanescente da una nebbiolina congenita, e verde smeraldo. Di passaggio da Carrù, una sosta a Dogliani, una festa per le vie, per approdare infine ad Alba. Nella terra di colui che fu Luigi Einaudi. Un piattino di carne cruda col tartufo direttamente in macelleria, un mezzo panino con la toma gustato per strada. Cosa si vuole di più? Ero piena e tronfia. Mi è parso di aver mangiato il meglio, ben consapevole che molto di più avrei potuto fare. Ma il cibo è spesso la situazione che lo rende perfetto. Ho fatto incetta di carne per il bollito, di nocciole tonde gentili, di toma, di farina meliga otto file (meria d'eut fire), di plin tradizionali e al tartufo...
Ovviamente ho tralasciato i vini, in un sol giorno non si può fare tutto. Ma in tardo autunno vorrei tornarci. Cosa non dev'essere quello sterminato panorama di filari in quella stagione?

Segnalo:
pranzo del gran bollito di Carrù (Palafiera in Piazza Div. Alta Cuneense), 7-8 dicembre 2008
98ma Fiera Nazionale del bue grasso a Carrù, 11 dicembre 2008




le paste di meliga e la farina otto file



Siccome era parecchio tempo che cercavo la farina otto file, non ho potuto non prenderla. E toccarla, per sentirne la finezza. Quasi impalpabile, più che la farina maranelo. La farina otto file è una varietà antica non modificata geneticamente. Quella che ho preso io viene coltivata in Alta Langa, a Castino, ed è chiamata così perché la pannocchia ha otto file di chicchi che formano quattro coppie. E' detta anche meliga del Re, e non si trova di tipo commerciale perché la sua purezza consente agli agricoltori di riseminare i chicchi delle pannocchie migliori, cosa impossibile per i mais ibridi o transgenici. Viene lavorata a macine di pietra naturale a lenta rotazione, che permettono di produrre una farina integrale che contengono e il germe e la fibra alimentare della meliga. E qui vi lascio la ricetta delle paste di meliga, biscotti tipici del Piemonte (che adoro), così come è stampata nella confezione della farina otto file Cascina delle Grazie.

100 g di farina di meliga otto file
100 g di farina bianca
100 g di burro
90 g di zucchero
1 pizzico di sale
1 cucchiaio di lievito
4 tuorli d'uovo

Io l'ho solo un po' riadattata, perché il signore che me l'ha venduta mi ha detto che, se ci riuscivo, sarebbe stato meglio fare 130 di farina otto file e 70 di farina bianca. E così ho fatto. Impastate tutti gli ingredienti, prima il burro e lo zucchero, poi le uova, il sale e man mano le farine col lievito. Mettete in frigo a rassodare un'oretta, poi mettete l'impasto nella tasca del pasticcere con un beccuccio largo un centimetro e zigrinato. Armatevi di forza, schiacciate bene e ricavate dei biscotti col buco. Cuocete 15 minuti a 180 gradi. (volendo potete aggiungere la scorza del limone, poca.)

venerdì 3 ottobre 2008

e il maryland coi suoi granchi



Questa bimba è Francesca, la figlia bellissima degli amici di Cri: la miglior accoglienza che potevamo avere una volta arrivati ad Annapolis, nel Maryland. Sì perchè, dopo New York, una settimana l'abbiamo trascorsa in questa regione e non ci siamo fatti mancare davvero nulla, da Washington, al barbecue, alle pannocchie, alla gita sull'oceano all'isola di Assateague, ai granchi, alle passeggiate coi cani, ai bagel al salmone, al farmer's market vero vero, alla festa per i 40 anni di un amico. Sì, quelle feste americane, nel giardino di una di quelle casette di legno colorate, che pareva una house beach (bella però!!).

Annapolis è la capitale del Maryland, ed è lì che siamo stati. Ad Annapolis c'è l'Accademia Navale degli Stati Uniti, c'è un porto e c'è una baia, la Chesapeake Bay, c'è il mare che si insinua tra le colline, e splendide abitazioni che lambiscono le sponde, immerse spesso nei boschi. Annapolis fu la capitale degli Stati Uniti nel 1783 e per circa otto mesi. Si sviluppò grazie al commercio del tabacco. Ad Annapolis fu portato Kunta Kinte dove venne poi venduto ai proprietari di una piantagione. Ve lo ricordate Radici? Roots? Ecco, quello. Annapolis è una cittadina vivace, turistica, colorata. A tratti pare un po' francese, vi sono dei negozi davvero belli, e case del XVIII secolo più che in ogni altra città degli Stati Uniti.

E poi il Maryland è la patria del pesce e soprattutto dei granchi! Se vuoi una cena tipica, granchi d'estate e ostriche d'inverno. Con champagne o con birra (io voto per la seconda in questo caso).
I granchi li abbiamo mangiati "spartani" in un posto davvero divertente, una robusta carta da pacco al posto della tovaglia, e menu a volontà che comprendeva granchi bolliti rovesciati, letteralmente, sul tavolo, martellini di legno per sgusciarli, pannocchie, gamberetti e pollo fritto (la presenza del pollo non l'ho molto compresa). Il tutto innaffiato di Old Bay Seasoning. Queste scatolette gialle e blu di Old Bay Seasoning le ho sempre avute in casa, perché Cri me le aveva portate qualche anno fa. Ma solo quest'estate le ho sapute apprezzare davvero! Old Bay è un mix di spezie ed erbette, sale, peperoncino, zenzero, semi di senape, il sapore ricorda leggermente la paprika, ma è davvero unico. Viene prodotto proprio nella baia di Chesapeake e, se posso fare una libera associazione, la scatolina ha anche i colori di Annapolis, giallo e blu!

E poi li abbiamo anche mangiati più "eleganti", i granchi, in una cena preparata appositamente per noi da Claudia, la nostra amica: crab soup del Maryland e crab cakes, presi al Seafood Market di Annapolis. Le crab cake sono, molto ordinariamente, delle polpette di carne di granchio e pane. Più polpa contengono, più sono pregiate, e talvolta sono servite dentro al panino, tipo hamburger. Le nostre erano davvero ottime, delle mega polpette passate al forno dal sapore lieve e delicato. La zuppa invece, vi lascio la ricetta sotto, quella originale di Claudia. Non spaventatevi, è ricca di panna, certo. Io pensavo una mappazza... invece si lascia mangiare, un piattino non disturba, ed è gustosissima.


Maryland Cream of Crab Soup
30 min (5 min prep, 25 min cooking, per 2-3 persone)

4 tbsp (60 g circa) burro non salato
2 tbsp (30 g circa) farina bianca
1 tsp (5 ml, un pizzico direi) Old Bay Seasoning
1 tsp (5 ml... fate un po' a occhio, dai :-)) cipolla tritata
1 tbsp (15 g) succo di limone
6 ounces (170 g) polpa di granchio
16 fluid ounces (circa mezzo litro) di panna
prezzemolo e un goccio di brandy per guarnire

In una padella sul fuoco medio fate sciogliere il burro, aggiungete l'Old Bay Seasoning, la cipolla, il limone e mescolate. Aggiungete la farina mescolando sempre e, gradualmente, versate la panna, sempre mescolando. Aggiungete la polpa di granchio e fate sobbollire per circa 15 minuti, senza far raggiungere mai il bollore pieno. Servite con una spruzzata di brandy e se vi va del prezzemolo.

mercoledì 1 ottobre 2008

la mia new york in poche righe



In verità non volevo nemmeno mettere un post con alcune foto di quest'estate, ma poi, perché no? Oggi mi sento piena di energia, stanca tantissimo, male alle ginocchia (perché la stanchezza mi si accumula lì, a me?) ma con quella voglia di fare che solo chi fa il mio lavoro capisce. Ieri il The End Dichiarazioni, una corsa contro il tempo e contro l'ansia, ma oggi... la pace, la scrivania pulita, la lettura dei giornali abbandonati da venti giorni sulla sedia accanto. E quindi vi beccate alcune foto vacanziere e nessuna ricettina. Ma ne ho un paio da pubblicare comunque, abbiate fede, necessito dei miei tempi ultimamente. :-)

Apro con l'immagine più classica di New York, quella più significativa, di una città lunga e snella, alta e fiera, verde e blu, retta e lineare, adagiata sull'acqua fino a toccare il cielo. C'era pure una "paloma, mirando Nueva York" lassù sull'Empire State Building, come disse una spagnola accanto a me, ed è diventato il motto della vacanza.
Mi è piaciuta tantissimo New York. Una città che mi fa venire la voglia di viverla. Pienamente, per un lungo periodo, percorrendola d'estate, d'inverno, e ancor più d'autunno - dev'essere fantastico coi colori autunnali il Central Park - per conoscerla. Non avevo mai messo piede in terra americana prima di quest'estate, ma quel poco che ho visto mi ha dato emozioni. Mi viene davvero difficile descrivere le miriadi di cose e luoghi e persone incontrati. Quasi a scorrere nella mia mente, mentre digito queste parole, questa vacanza... e lei, pare quasi che se ne voglia restare lì, nel mio cuore, senza trovare il coraggio di uscire. Quasi a dire: provatela voi stessi, godetevela voi stessi.

Ogni giorno ci si alzava alle 6.30-7 e si iniziava a camminare. Lentamente, abbacinati da tutto quanto intorno. Il cielo sopra di noi sempre bluissimo, l'aria secca, piacevolissima. Ogni giorno camminavamo almeno dodici ore, per assorbire la città tutta, in ogni sua strada, in ogni negozio, per provare a gustare anche solo con gli occhi le stramberie che offriva e offre, vere e proprie pinte di caffé e brodaglie, cheesecake alti dodici centimetri, muffin che in confronto gli stampini che ho a casa sono per i lillipuziani, bagel di ogni gusto e colore (che buoni quelli di H&H bagel!) spesso preparati in negozi ai nostri occhi solo tipici, frutta e verdura accatastate col righello (fin troppo!), negozi interi di vitamine (ma un'arancia al posto di quelle pallette di vitamina C?), minuscoli anfratti di alimentari accatastati che, una volta dipanatisi, diventavano veri e propri supermercati... e poi ancora e ancora e ancora. Il musical vissuto on stage, dentro al palco, i musei pieni di quadri visti prima solo sui libri di scuola o in qualche mostra qua e là, ma così tanti, tutti assieme, mai prima, persino e finalmente dei quadri dal vi-vo della mia pittrice preferita, Georgia O'Keefe. La gente libera, di ogni genere e tipo, la metrocard che si può ricaricare con la carta di credito anche per un sol dollaro (ma a Milano era difficile fare una cosa così?), le librerie immense che non ci si poteva stare, tanti erano i libri e tanto poco il tempo, quella passeggiata mozzafiato sul ponte di Brooklyn, con l'emozione in gola per quel panorama che ci veniva restituito passo dopo passo, lindo e frusciante, e nella testa le parole di Katina - una nostra amica- che mi descriveva la folla pallida dell'undici settembre che scappava, là, su quel ponte dove eravamo noi...
Impossibile da descrivere tutta, ma ci tornerò.








Premetto che a New York si trova di tutto, davvero, in tema di cucina e dintorni. Ogni tipo di formaggio, di frutta e verdura, di carne, di farine, di cereali, di tutto. Ci sono tanti posti chic e meno chic dove ho fatto incursioni in continuazione, ma qui ho deciso di lasciarvi solo pochi indirizzi, quelli che ho testato e dove tornerei sicuramente:
Zabar's, 2245 Broadway (80th Street) tutto, davvero (tranne forse il cornstarch) ottimi formaggi, cheddar di almeno dieci varietà, da quello del Wisconsin (voi lo sapevate che nel Wisconsin si producono almeno 600 varietà di formaggi?) al New York cheddar, macadamia nuts, olive bellissime e, al piano mezzanino, un concentrato di articoli per la cucina fornitissimo.
Kalustyan's, 123 Lexington Avenue: "si trova di tutto per tutte le cucine etniche" dice Roberta Corradin ne Le cuoche che volevo diventare. Vi ho preso delle cosucce di cui vi dirò più avanti. Fantastico posto, un bugigattolo zeppo e profumato. Solo dal loro sito vi potete rendere conto dell'immensa quantità e tipologia di cose che vende.
Whole Foods Market (per forza!! ...chi non lo conosce?) un vero e proprio supermercato di organic food, talmente ben disposto, le confezioni così carine, che vien davvero voglia di comprare tutto. Ora direte, sono andata a New York e mi sono infilata in un supermercato?!? Ebbene sì, mi piace entrare nei supermercati all'estero, mi pare di essere più vicina alla gente del posto, attraverso quello che la gente mangia. Forse Whole Foods non sarà IL supermercato di tutti gli americani, è un po' costoso, ma credetemi, ne vale la pena.
H&H Bagel davanti Zabar's, sulla Broadway, all'altezza della 80th Street. Non so dove l'avessi letto, ma ci passavo davanti ogni mattina. E' parecchio tipico, dentro si sfornano bagel e solo bagel, ho letto circa 80.000 al giorno, nessun posto a sedere, solo si compra e si va.
Junior's my very best New York cheesecake. Ho persino preso il libro. La ricetta è la stessa dal 1950, creata da Harry Rosen e Eigel Peterson, tramandata per generazioni, perfetta, massiccia, deliziosa, cremosa... ho letto tutti i passi per farla, è già un impegno, ma ovvio che la proverò presto. Anche per voi. L'indirizzo primo e originario è 386 Flatbush Avenue Extension at Dekalb Avenue, Brooklyn. Io consiglierei di andare lì, anche se ci sono due piccoli rivenditori, uno in Times Square e uno alla Grand Central Station.